lunedì 7 novembre 2016

screenplay



ESEMPIO SCREENPLAY PER IL WEB


Gli allievi di diversi Istituti   si sono confrontati con le proposte del progetto “Redesign your school” della Triennale di Milano in occasione della XXI manifestazione Internazionale 2016.
In particolare analizziamo la proposta dell'I.I.S. "Marelli Dudovich" Milano.
La loro proposta di scuola come luogo di apprendimento è stata sviluppata attraverso la realizzazione di un videoApp: “Webserie mastershot”.
Le allieve di moda delle classi I e III H hanno realizzato gli storyboard di alcune sequenze, lo screenplay-movie e i progetti grafici dei costumi di scena: bozzetti dei figurini per la fictionApp in riferimento alla figura del COSTUME DESIGNER. Hanno realizzato le sequenze video: hanno proposto sequenze visivamente dinamiche ed autoconclusive, in modo da coinvolgere lo spettatore con prospettive, movimenti di gruppo, identificazioni cromatiche (lettura primaria) e seguendo con l’obiettivo movimenti di routine.

Mastershot.
Un mastershot è la registrazione di un'intera scena cinematografica, ripresa dall'inizio alla fine da un angolo riprendendo tutti i personaggi. Spesso è una ripresa lunga e a volte può svolgere una doppia funzione: la ripresa crea un’attesa per il telespettatore. Di solito il mastershot è la ripresa di verifica prima del “ciack”; inoltre è il fondamento di quella che viene chiamata la realizzazione di più riprese utili per il montaggio. Queste riprese rivelano diversi aspetti dell'azione; gruppi di due o tre attori in momenti cruciali; primi piani di persone; inserimento di un mastershot in moviemto con personaggi o oggetti di scena.



Sigletta di inizio: saluto alla prof. e la realtà quotidiana in laboratorio, sequenza unica sui personaggi in movimento, azioni di routine musica allegra, conclusione con il titolo del concorso “Redesign your school”.


Prima scena.

              
                                       La ragaszza con la  sciarpa bianca - sfondo con sfocatura.

Lezione frontale: le allieve e l’insegnante in una tradizionale lezione didattica, musica lenta. Uscita di un’allieva: identificazione sciarpa bianca.
L’allieva esce e va a curiosare in un laboratorio di moda. La prof. interviene facendola tornare in classe.
L’allieva raggiunge i compagni (effetto prospettico corridoio)  e con la sua amica si avviano in laboratorio (il gruppo si allontana sulla prospettiva dell’inquadratura).
              
                   Master shot App - movimento in prospettiva

Le due ragazze si sposatano e vengono seguite dalle compagne di  classe (scena con numerose comparse).

            
             Master shot App – movimento in prospettiva
Le  due amiche si voltano e vedono il gruppo. Tutte fanno finta di niente e parlano tra loro. In un gioco ironico la scena si ripete sulle scale della scuola (per avere una vista prospettica diversa).
Le due amiche guardano furtivamente in laboratorio. Si vede il primo piano dei volti. Le amiche le raggiungono e nel gruppo noi distinguiamo la ragazza con la sciarpa bianca. Temendo l’insegnante si defila dal gruppo lasciando la scena fissa (quasi un’istantanea sulle comparse ) dissolvenza.

      
                               Abito “J’adore” -  sfilata di moda didattica - “Bonola” Milano 16 – 1- 2016 – Soci Coop –
                                         I.I.S. “Marelli Dudovich” Milano

Si conclude il video con l’esperienza della sfilata di moda realizzata al Bonola e l’abito “J’adore”. Su questa immagine scorrono i titoli e gli applausi completano l’esperienza laboratoriale con le “competenze acquisite” spendibili nel mondo del lavoro.
La ricerca di progettare o proporre un luogo “confortevole” per l’apprendimento ha posto in primo piano la realtà metodologica dell’insegnamento. 
La “didattica laboratoriale” diventa una proposta e soluzione ad un problema contemporaneo sulla didattica. Il “laboratorio” è considerato un luogo di apprendimento collaborativo e di integrazione per gli allievi in contrapposizione alla lezione frontale.
 La realizzazione del video ha permesso agli allievi di fare un’esperienza “cooperativa” e di scambio.





2.3 BIBLIOGRAFIA

 M. Buonanno, Le formule del racconto televisivo. La sovversione del tempo nelle narrative seriali, Milano 2002.
D. Del Pozzo, Ai confini della realtà. Cinquant’anni di telefilm americani, Torino 2002.
A. Grasso, M. Scaglioni, Che cos’è la televisione. Il piccolo schermo fra cultura e società: i generi, l’industria, il pubblico, Milano2003.
A. Grasso, Buona maestra. Perché i telefilm sono diventati più importanti del cinema e dei libri, Milano 2007.
Federico Di Chio L’illusione difficile. Cinema e serie tv nell’età della disillusione, Bompiani, Milano 2011 
Grignaffini Giorgio e Maria Pia Pozzato, Mondi seriali. Percorsi semiotici nella fiction, Rti, Milano 2008
R. MeKee, Story, Omero Editore, Roma 2010 (1997)
Veronica Innocanti e Guglielmo Pescatore,  Le nuove forme della serialità televisiva. Storia, linguaggio e temi, Archetipolibri, Bologna 2008 
A.Medici e D.Vicari, L'Alfabeto dello Sguardo - Capire il linguaggio audiovisivo, Carocci 2004.
Graziano Conversano, L'ABC del digitale. Le nuove tecnologie di ripresa, Dino Audino Editore 2013

Scheda tecnica.

Metodo dei “cartoncini” McKee.
Lo sceneggiatore prepara il suo script. “Scritto molto bene, un dialogo buono, incisivo e recitabile, intensa descrizione delle scene, notevole attenzione ai dettagli, ma la storia non funziona.” Viene bocciata. <<Lo sceneggiatore incolpa i gusti filistei di Hollywood!>>McKee.
Il dialogo non è conversazione. Quando si scrive, nella sceneggiatura, qualcosa di bello e letterario è bene eliminarlo. L’attenzione si sposterebbe sulle frasi dette e la magia della finzione del format tv sparirebbe. Il dialogo non richiede frasi complete deve somigliare al linguaggio parlato.
La prima stesura può essere scritta su dei mucchietti di cartoncini. Ogni mucchietto è un atto. Possono essere tre, quattro o di più. Su questi cartoncini si crea la scaletta della storia. Sul retro del cartoncino si indica il disegno della storia attraverso le scene. Qual è l’incidente scatenante? Il climax del primo atto? Forse un climax a metà atto? Si procede così sia per la trama che per la sottotrama.

Scrivere “dall’interno verso l’esterno”.
Scrivere dall’esterno verso l’interno è il metodo meno creativo: scrivere il dialogo alla ricerca delle scene, scrivere le scene alla ricerca della storia.
I personaggi non risultano caratterizzati e spesso parlano tutti come lo sceneggiatore.
Scrivere “dall’esterno verso l’interno”.
Scrivere la sceneggiatura da un trattamento completo è gratificante. Possiamo convertire le descrizioni in descrizioni per lo schermo a poi aggiungiamo il dialogo. Il dialogo in questo moda sarà il migliore possibile. I nostri personaggi, già definiti e con le loro storie chiare, ancora sono muti. Il dialogo scritto, dopo una così approfondita preparazione ai testi, conferisce una voce specifica ad ogni personaggio.


Scaletta
Una storia raccontata per “gradini”. Utilizzando una o due frasi si può descrivere in modo semplice e chiaro ciò che accade in ogni scena e come quest’ultima progredisce e svolta.
Trattamento.
Per trattare la scaletta lo scrrenplay trasforma ogni scena, espressa ancora in una frase o due, in un paragrafo o anche più. Il testo battuto interlinea 2 e costituito da descrizioni, momento per momento, al tempo presente.

Esempi di introduzione nelle storie.
In alcuni romanzi i lettori, durante la presentazione dei luoghi e dei personaggi, hanno trovato la parte iniziale noiosa.
La perdita dell’interesse già nella parte inziale del film può essere frequente.
La scelta di alcuni sceneggiatori, per esempio, è stata quella di valorizzare la sigla e definire durante i titoli iniziali le caratteristiche del protagonista, i luoghi di azione del film e i personaggi coinvolti. In queste sigle, dinamiche e piene di informazioni con tagli arditi nel montaggio e musiche accattivanti, lo spettatore resta coinvolto e si trova già informato e incuriosito alla parte descrittiva iniziale del film.

ESEMPIO SCREENPLAY  PROGETTO DIDATTICO CLIL.
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