Screenplay
Come ci ricorda Aldo
Grasso da "Doctor House" a "Lost", da "Sex and the
City" a "Desperate Housewives", le grandi serie televisive
americane hanno invaso le reti e l'immaginario italiano. Contro ogni luogo
comune e ogni pregiudizio sugli spettacoli televisivi, queste serie hanno
assunto il ruolo di grandi narrazioni pubbliche, diventando spesso importanti e
considerate nuove forme letterarie.
Aaron Spelling, tra i primi sceneggiatori di fiction tv di
successo in Europa, vende la sua prima sceneggiatura per la serie Jane Wyman Theater nel 1954. Tra il 1960 e il
1980 produce serie come Cuore e batticuore, Love Boat, Starsky &
Hutch, Charlie's Angels, Fantasilandia,
la soap opera Dynasty,
e la serie In casa Lawrence che si aggiudicò diversi Emmy Award.
Alla fine degli anni ottanta si dedica ai giovani, e assieme a Darren Star crea Beverly Hills 90210.
Da metà anni novanta, fino alla morte nel 2006, Spelling
produce altre serie di successo, tra le quali Streghe e Settimo cielo, che con le sue undici
stagioni, si aggiudica il trofeo per essere la serie più longeva prodotta da
Spelling.
Tutti ammiriamo le ricerche sugli scritti per le fiction tv
proposte da Aaron Spelling.
Un aspetto unico, per esempio, di The Love Boat è stato il suo formato di
scrittura.
Ogni episodio contiene diverse
storie contemporaneamente, ogni scritto è stato realizzato da un diverso team
di sceneggiatori. Aaron Spelling ha preteso, per evitare confronti sulla
sceneggiatura, tre diversi uffici in diversi palazzi.
Ogni gruppo di scrittori ha
lavorato inoltre sulla partecipazione di “guest star” nella serie ogni
settimana.
Anche il cast di Charlie’s Angels era stato strutturato in episodi
separati della stessa puntata. Possiamo ricordare episodi di crossover dei personaggi
o le storie:
- in un episodio, due attori di
“The Brady Bunch” e guest star in una serie diversa, i due si incontrano in un
corridoio e pronunciano "Ti conosco?" per poi proseguire per la propria
strada senza parlare;
-una sola volta la nave da crociera fa una
deviazione per fornire ad una donna tormentata un passaggio per l'isola
misteriosa “Fantasy Island”, serie tanto amata, questo è un esempio di crossover.
Di solito c'erano tre storie, una
trama incentrata intorno ad un membro dell'equipaggio, una seconda trama
sarebbe spesso su un membro dell'equipaggio che interagisce con un passeggero,
e la terza trama era più concentrata intorno ad un passeggero (o un gruppo di
passeggeri).
Le tre storie di solito hanno
seguito un modello con tematiche simili. Una trama (in genere l’equipaggio) era
rettilinea stile commedia. Il secondo tipicamente un formato di commedia romantica
(con solo elementi drammatici occasionali). La terza storia di solito è la più
drammatica delle tre spesso proponendo un tono molto serio. Abrams, Sherman, Palladino e altri citano Spelling nei
loro screenplay, confermando la validità delle ricerche proposte in quegli anni
dai pionieri tecnici del linguaggio tvdrama del duemila.
Abrams ha
creato telefilm come Lost, Felicity e Fringe, si è impegnato anche sul grande schermo dirigendo Mission:
Impossible 3, Super 8 e producendo Mission:
Impossible - Ghost Protocol, nonché il
nuovo capitolo di Star Wars, La ricerca narativa di Spelling
piace di più.
Ammettiamo che le ultime
creature televisive di Abrams abbiano avuto qualche difficoltà nel diventare
dei cult come accaduto con ai suoi colleghi, ma ciò non toglie che J.J.
Abrams rappresenta il meglio della produzione seriale americana.
A confermare questo è il
riconoscimento all'ultima edizione dei Sag Awards che
ha visto il noto autore essere insignito con il Norman Lear Achievement
Award, il premio dedicato ai produttori televisivi consegnato in
passato a Tom Hanks, Jerry Bruckheimer, Aaron Spelling e Lorne Michaels.
Abrams è stato premiato per aver creato alcune delle
serie che hanno radicalmente mutato il panorama televisivo americano, mostrando
il suo talento per sceneggiature ingegnose, personaggi convincenti e una
televisione di qualità. Sicuramente Lost è rimasto nell’immaginario di
tutti una novità narrativa filmica. Nessuno oggi può negare la ripetizione di
aspetti “sorpresa” tra personaggi e fatti; la costruzione di personaggi
“bidimensionali”; la descrizione di dettagli in divenire lontani dalla trama. Lost mette in
scena gli stereotipi più esplorati dalla
grande letteratura (Omero, Boccaccio, Campanella, Shakespeare, Swift) e anche
dal cinema: il naufragio.
In seguito a un tremendo
disastro aereo, quarantotto superstiti vengono scaraventati su un’isola
deserta. Ogni superstite è portatore di una storia (recuperata in flashback)
che va a intrecciarsi con altre storie, generando incroci, tensioni, scontri,
allegorie; soprattutto, va a inserirsi in un ambiente sconosciuto, ostile,
inquietante.
Per riflettere su di sé, la nostra società ha bisogno
di inventarsi un luogo estremo (l’isola sperduta), una metafora esistenziale
(il naufragio), una condizione inusuale (la sopravvivenza). Nel racconto non
c’è un attimo di tregua e ogni inquadratura è un’occasione per esaltare la
sceneggiatura e la regia. Lost è
anche la serie che ha ridato dignità espressiva al flashback, il più sfruttato
ed esausto degli artifici retorici della fiction, e che ha osato sperimentare
il racconto in flashforward (salto nel futuro), sviluppando una
narrazione multitemporale estremamente complessa. Per alcuni resta retorico, ripetitivo nella
voglia di sorprendere il pubblico, la trama
scompare nella contina descrizione di corse, salti, “ultime” possibilità
di salvezza.
Dai telefilm vintage agli
odierni tvdrama il cambiamento si evidenzia nelle citazioni attinte a piene
mani dalla letteratura, dal grande cinema, dal teatro e trasudano strutture
narrative, tecniche figurative e procedimenti rubati ai modelli dei grandi
maestri.
Ripetizione,
standardizzazione, ripresa, serialità: ossia tutti fenomeni che non sono tipici
della televisione ma che attraversano da sempre la produzione letteraria
mondiale e rivelano ora nuove dinamiche della creatività, nuovi ritmi imposti
dalla produzione industriale. Il movie design ha le sue regole. I format per la
tv devono essere progettati come opere artistiche e di design. Seguono un
metaprogetto rigoroso.
La serialità televisiva
americana del nuovo secolo ha portato alle estreme conseguenze le innovazioni
stilistiche e tematiche inaugurate nel corso degli anni Novanta.
L’estrema cura stilistica
che caratterizza il panorama delle fiction del nuovo secolo ha portato alla
creazione di ‘serie evento’.
I TVdrama americani degli
ultimi anni si sono dimostrati sempre più ansiosi di raccontare il presente,
quasi scontenti di non essere in diretta, come i notiziari, e ci sono riusciti
con esempi divertenti e arguti.
La
fiction televisiva è strutturata in un tempo determinato; deve tenere conto dei
tempi pubblicitari; deve creare più tensioni narrative; deve chiudere le
sequenze ed essere autoconclusiva prima dei dodici minuti; etc. La series cerca di mettere
un po’ di ordine nel disordine del flusso televisivo. Le operazioni di sceneggiatura, recitazione,
regia, montaggio permettono di dare a una massa informe di idee e di azioni un
profilo, una fisionomia. Si considerano, inoltre, un sistema di valori cui fare
riferimento, le tendenze culturali, la fotografia, le strategie discorsive e
comunicative, le passioni dei protagonisti. Anche le passioni degli spettatori
di fiction: i telefili. Il telefilm traccia dei percorsi passionali, vie
obbligate al sentimento, e lo spettatore viene trasferito nella dimensione
emotiva che lo risarcisce dell’aridità della vita quotidiana. La serie si caratterizza
per rappresentare un mondo nel quale i cattivi finiscono in prigione, l’amore
trionfa, un malato guarisce. La fiction riesce a supplire ai bisogni di affetto
dei telespettatori.
La
serialità televisiva può essere forse considerata la vera espressione del
nostro tempo. Mentre gli oggetti seriali del design raccontano di un mondo
pressoché perfetto e felice dove il bello e l’utile si trovano a portata di
mano, molte fiction ci ricordano invece con delicatezza che è necessaria una
buona dose d’incoscienza per dedicarsi senza riserva alcuna a chicchessia.
Se
dunque la serialità è la condizione principale con cui deve fare i conti la
nostra immaginazione, il “telefilm” è il meccanismo di racconto che meglio
interpreta questo vincolo. Ci sono storie meravigliose nate per esigenze
industriali, ci sono attori che entrano ed escono da una serie per motivi del
tutto estranei a esigenze ‘artistiche’, ci sono trame che cambiano perché nel
frattempo qualcuno (autore, attore o altro) è morto, scomparso, fuggito altrove.
Si può anche decidere di non seguire più un telefilm perché delusi dal suo
svolgimento. Il “telefilm” risulta comunque
il più riuscito esempio di opera aperta.
Non possiamo non ricordare
la sceneggiatrice Amy Scherman Palladino famosa per il suoi dialoghi detti “a colpo di fucile” per
la velocità di recitazione (PaM – parole a minuto) e spesso ricchi di
riferimenti alla cultura letteraria, cinematografica, musicale pop. Importante
la ripresa con lo stile master shot delle riprese. Il suo
telefilm Gilmor girl ha coinvolto un pubblico internazionale e vinto numerosi
premi.
Per noi europei le sue scelte ricordano diversi aspetti:
§
Tecniche telefilm anni Settanta
sceneggiatore e produttore Aaron Spelling
§
Regole definite dall’autore McKee anni
Novanta
§
Dialoghi strutturati
§
Scelte compositive visuali prospettiche e
dinamiche
§
Rafforzamento immagine dei personaggi
Differenza di sceneggiatura tra Amy Sherman Palladino e,
nell’ultima stagione, David
S. Rosenthal.
Lo scrrenplay ha deluso i telefili fans. La serie si chiuse
senza repliche. Lo sceneggiatore, proveniente da esperienze di sit-comedy non è mai stato effettivamente coinvolto
nella realizzazione di dialoghi Tvdrama, deludendo così gli appassionati della
serie.
Possiamo analizzare le problematiche inerenti
le differenze di scrittura tra i due sceneggiatori. Ricordiamo McKee (“editor
grader story”di Hollywood) con le sue regole scrrenplay da applicare e si
possono evidenziare una serie di errori. I personaggi di Rosenthal, nonostante
siano definiti da 6 stagioni perdono completamente le loro caratteristiche.
Questo perchè nei dialoghi i “personaggi intorno” non pronunciano mai
frasi connotative rispetto agli stereotipi dei personaggi.
Il protagonista per esistere ed essere amato
dal pubblico deve ringraziare esclusivamente i personaggi “intorno” per le loro
battute, sguardi ed elementi di “connotazione” in riferimento al suo carattere,
la sua storia, la sua “meta inconscia”. In questo caso il personaggio
principale può dire anche poche frasi ma risulterebbe “tridimensionale” nello
schermo. Per quanto questa regole sia importante per i protagonisti, le serie
di successo sono caratterizzate da personaggi ben definiti ed apprezzati dal
pubblico, questo perchè i dialoghi ben fatti hanno permesso ai “nuovi amici”
dei telespettatori di far conoscere tanti particolari della loro vita dando
spessore ai personaggi anche se secondari.
McKee ricorda il metodo dei “foglietti”
per una sceneggiatura studiata dal “di dentro” della storia e dei protagonisti.
Non funzionano mai i dialoghi “dal di fuori” anche quando possa sembrare una
sceneggiatura ben impostata, ricca e scritta bene. I telespettatori, è provato,
cambiano canale e abbandonano le serie anche le più seguite. (Scheda tecnica in
allegato).
Dustin Hoffman, attore, ha sottolineato oggi l’importanza di cimentarsi
nella recitazione di una fiction televisiva, al fine di poter “sfaccettare”
maggiormente e nel tempo le caratteristiche di un personaggio, dando così
all’interpretazione una nuova forma di coinvolgimento.
Anche Woody Allen, sceneggiatore e regista, ha accettato di
scrivere per una fiction.
I telefilm sono stati ben definiti già
negli anni Cinquanta. Negli anni Settanta, nonostante le innovazioni tecniche,
sono stati demonizzati.
Essendo un nuovo linguaggio così definito
rispetto alle ricerche sulla fenomenologia dell’arte contemporanea e, quindi,
sulla semiologia dei media è sicuramente considerata una nuova forma d’arte.
Una produzione seriale cinematografica filmdesign.
Cos’è cambiato?
Ancora oggi proposte di sceneggiature per
“telenovele” sono considerate squalificanti.
La risposta è evidente e scaturisce
dall’analisi dei TVformat proposti in questi anni, alternativi ai Tvdrama.
Si tratta dei reality, delle sit-comedy, dei
talk show, dei talent show, etc. sono i format televisivi strutturati negli
anni Novanta. Hanno permesso, in quegli anni, alla fiction televisiva
strutturata di caratterizzarsi come linguaggio complesso e definito. La
progettazione di serie narrative, con riferimenti a sceneggiature costruite e
proposte di personaggi tridimensionali in cui identificarsi ha permesso, dopo
il Duemila, di considerare il Tvdrama un linguaggio definito e amato dal
pubblico.
In questa serialità narrativa molti
paragonano la pubblicazione di strisce di fumetti negli anni Cinquanta.
Tornando indietro e dedicandolo alla narrativa mi piace ricordare le prime storie
proposte mensilmente da Charles Dickens, a
Londra, nel 1836 sul Morning
Chronicle sempre attese dal pubblico e poi pubblicate come
romanzi nel 1850.
Consideriamo: Woody Allen scriverà e dirigerà la sua prima
serie televisiva per Amazon Studios. Woody Allen è il secondo grande regista americano,
dopo Ridley Scott, a cedere alle lusinghe di Amazon colosso dell' eCommerce per
realizzare una serie televisiva.
Il
regista di Manhattan scriverà
e dirigerà una intera stagione di episodi, ogni puntata della durata di
mezz'ora.
Gli Amazon
Studios sono la divisione del colosso dell'eCommerce che si occupa di film,
show televisivi, serie tv e fumetto che vengono poi distribuiti da Amazon
Instant Video, il servizio di video streaming digitale, attivo ora soltanto
negli Stati Uniti, in Gran Bretagna, in Germania e in Giappone.
Possiamo dire
che Woody Allen sta proponendo un nuovo tipo di sceneggiatura “drama” per un
format del futuro.
produzioni video - realizzazione video - autori multimediali milano - www.autori-multimediali.it
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